Questa settimana è stata introdotta la nuova classifica FIMI/GFK relativa esclusivamente alle vendite in vinile. Operazione più che giusta e apprezzabile considerando il mercato in crescita del formato vinilico (probabilmente entro qualche anno tornerà a superare i CD) ma parallelamente diventa ulteriormente più gravoso il limite di un campione che non tiene in considerazione buona parte dei negozi indipendenti e di piattaforme web (bandcamp ad esempio o in generale siti che non siano Amazon & simili) con filo conduttore diretto tra artista/label e acquirente.
Basta dare un occhio alla prima classifica resa nota (1° settimana del 2016) e alla year end 2015 dei vinili più venduti in Italia per immaginare come questi siano fortemente influenzati dalla presenza all'interno dei grandi megastore (Mediaworld, Feltrinelli ecc...) ancora caratterizzati da una gamma di scelta molto limitata. Inoltre il vinile è ancora oggi oggetto in primis acquistato da un tipo di utenza meno predisposto verso l'acquisto all'interno di superstore o simili quanto invece maggiormente abituato all'acquisto all'interno del negozio di paese, spesso e volentieri più fornito su questo formato.
In USA dove la copertura è maggiore, ad esempio, il bellissimo Carrie & Lowell di Sufjan Stevens è stato "solamente" il 171° album più venduto complessivamente con 137.000 copie, di queste ben 44.000 sono in formato vinile, quanto basta per essere il 7° vinile più venduto del 2015. Ecco, Stevens è uno di quegli artisti che vanno a ruba nei piccoli store indipendenti.
Quello che le classifche non dicono v.4
Quello che le classifche non dicono v.3
Quello che le classifche non dicono v.2
Quello che le classifche non dicono v.1
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